L'amore... e non sempre son farfalle nello stomaco
" «Ti amo, François!».
Lo disse una sola volta. E non avrebbe comunque potuto ripeterlo, perché stavano
così stretti l'uno all'altro che nessuno dei due sarebbe riuscito a parlare. Ed entrambi si
sentivano stringere dentro in ugual misura la gola, il petto, e forse anche i loro cuori
avevano smesso di battere...
Che cos'altro avrebbero potuto dirsi, che cosa avrebbero potuto fare? Niente, neanche
l'amore, perché perfino questo avrebbe probabilmente rotto l'incanto."
Credo che la potenza di queste parole dette da Kate a François in TRE CAMERE A MANHATTAN di Georges Simenon sia evidente.
Non tanto la dichiarazione verbale quanto l'emozione, l'intensità che le ha generate e spinte sulle labbra di lei. Tanto è vero che non è più possibile fare altro dopo averle pronunciate e sentite. I due protagonisti sono amanti finalmente , anzi le loro solitudini lo sono diventate , si sono riconosciute ed incastrate.
Quante volte ci è capitato di pronunciare parole e restare in quel tempo sospeso che segue l'ascolto e l'elaborazione del gesto successivo, quante volte le parole che diciamo o sentiamo creano una sorta di bolla emotiva, un blocco che ci congela e fissa nel tempo quell'attimo prezioso.
Siano esse parole d'amore o l'esatto contrario: "ti amo" o "non ti amo più", il respiro si trattiene, il cuore si ferma, le gambe e le braccia sembrano di piombo e nella testa un vortice di scintille che non si traducono in azioni.
Non è mai facile uscire da questo attimo sospeso, come dice Simenon si rischia in qualsiasi modo di rompere l'incanto o l'incubo dico io, ma bisogna pur farlo e credo che il modo trovato da Kate sia il migliore : sorridere e lasciare che a parlare siano i nostri occhi.
A volte le parole non sono così necessarie, abbiamo talmente tanti modi di comunicare quello che conta come sempre è prestare attenzione a quanto stiamo o ci stanno dicendo. Concedersi all'altro per capire, sempre.
Certo è più facile capire un Ti amo che il suo opposto, ma credo che per quanto difficile e doloroso sia, si debba riconoscere in quelle parole la difficoltà nel provare un sentimento, l'incapacità di lasciarsi andare o anche la consapevolezza di non saper amare. E non è così scontato che tutti lo sappiano fare.
Se non l'avete ancora fatto leggete Tre Camere a Manhattan, alla fine con un nodo in gola scoprirete che è imbevuto del bisogno a volte disperato che abbiamo di amare e dell'incapacità tutta umana di non riconoscerlo.