Benvenuti a bordo

15.09.2021

Rieccoci . Dopo tanto silenzio torno a stendere i miei pensieri su un foglio come abiti tenuti troppo tempo nell'armadio e bisognosi di prendere aria.

E dopo tanta staticità, di nuovo in viaggio. Scrivo dal comodo sedile di un treno che mi porta a Bergamo, motivo del viaggio è trascorrere qualche giorno con la mia famiglia nello specifico con mia madre.

Mentre viaggio, per non sentire le voci degli altri passeggeri ho in cuffia l'audio delle lezioni webinar concluse qualche tempo fa legate ai Giovedì Danteschi. Affascinante avventura nata in occasione dei 700 anni dalla morte del Sommo.

Anche Dante ha compiuto un viaggio, direi il Viaggio.

E attraverso queste lezioni ho imparato, tra le tante, ad andare più a fondo in ciò che accade, in ciò che vedo, vivo. Il viaggio quindi non è solo questione di partire ed arrivare.

E' immersione nell'esperienza di vita. Inizia prima ancora di pianificarlo, nasce nel desiderio, (sogno?) di fare quel viaggio, prosegue poi nei passi che conosciamo: biglietti, valigia, treno, aereo o quel che sarà, arrivo, nei luoghi che visitiamo, negli incontri che facciamo.

Mi chiedo perché "sento" forte questo viaggio?

C'è un motivo pratico, alternarmi alla sorella in meritata vacanza, ed uno più profondo.

Non sono certo quel che si dice una "mammona" anzi, ma il senso di questo viaggio è per me riassunto in una parola : protezione. Sì, ho capito che desidero prendermi cura di mia mamma in questi giorni, gli acciacchi ci sono tutti e la quotidianità non è piu' fatta di chiacchiere con i vicini o passeggiate varie per commissioni. La sua vita ora è prettamente all'interno di casa, sola e nel silenzio che la vedovanza ha portato. So che la mia presenza rende anche più tranquilla mia sorella, che si occupa di mamma per il resto dell'anno, e in questo saperla tranquilla sento che è come se mi prendessi cura anche di lei.

Da cosa deriva questo desiderio di protezione e cura nei loro confronti? Credo sia figlio del tempo che avanza, della distanza che ci separa e da questi mesi passati (?) in reclusione obbligata.

O ancora da quello che il percorso per diventare counselor mi ha trasmesso : mettersi in ascolto dell'altro, sia che parli , sia che non lo faccia. Anche quando ci si scambia un semplice invito per un caffè' , c'è sempre una ragione più profonda per fare e accettare quell'invito : " ho bisogno di parlarti, vederti, ascoltarti, sfogarmi, confrontarmi..." .

E' sempre la stessa storia in fondo: abbiamo bisogno dell'altro, non possiamo pensare di vivere una vita piena di strumenti per comunicare se non abbiamo la fisicità di chi riceverà quanto comunichiamo.

Prendersi cura dell'altro nella misura in cui siamo a nostra volta "l'altro", siamo comunità che ci piaccia o meno questo termine,

Diceva Edith Stein che "si è persona appieno solo quando si è in relazione". 1

In quest'ottica lascio allora che questo senso di protezione , questo voler prendermi cura di loro contribuisca a "riempire" la mia persona e faccia crescere e fiorire la mia relazione di figlia, sorella.

E mentre il treno ferma a Firenze per la prima tappa, io ne ho appena aggiunta una al MIO viaggio .

Ecco... si riparte!

1- Edith Stein "Il problema dell'empatia"

 

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